La nozione di emergente nella terapia di gruppo: definizione generale
In linea generale, risulta possibile definire, con Bauleo (1974:41-42), ‘emergente’ “ciascun elemento in grado di dare alla situazione un serto significato. È quasi un segnale, un indicatore di ciò che accade”. È in tal senso che possono essere chiamati ‘emergente’ “un sintomo, un individuo, una situazione, un gruppo, ecc.” (ibidem).
In un senso più ristretto, nella teoria operativa dei gruppi in psicoanalisi, “l’emergente, anche se potrebbe essere una situazione o un comportamento del gruppo, si riferisce in modo più specifico all’individuo, che con il suo manifestarsi denuncia la situazione dominante”. Per questa ragione Pichon-Rivière lo definisce anche “portavoce” (ibidem).
Il ruolo di ‘emergente’ o ‘portavoce’ si delinea dunque come appartenente a quel soggetto che “per la sua storicità individuale, in un determinato momento del processo gruppale, indica per primo alcuni temi e/o sentimenti”.
Tale ‘indicazione’ consente al gruppo di “oggettivarsi” di fronte a ciò che occorre; il coordinatore e l’osservatore (l’altra parte del gruppo) possono segnalare o interpretare dando contenuto e forma sintetica al “fin qui successo”, mentre il gruppo passa ad un altro momento.
Il profilo dell’emergente nella terapia psicoanalitica di gruppo
È da questo momento che l’emergente è uno degli elementi di base, è quello che segna le interruzioni, è l’individuo che affronta ciò che sta avvenendo nel gruppo,come parte in esso impegnata, eletta da questo nell’interrelazione per annunciare ciò che sta in gioco. “In questo modo la sua individualità appare significata nel sociale; è come dire che la sua individualità, nel senso di intimità, si sbriciola di fronte al compito, per assumere il suo impegno gruppale e ricostituirsi attraverso esso. Così la sua storicità acquista attualità vissuta e pensata nel lavoro gruppale” (Bauleo A. 1969).
Diana Litovski Eiguer e Alberto Eiguer tornano a precisare, nella medesima direzione di Bauleo, e sulle orme di Pichon-Rivière, come “nel gruppo ogni intervento è fondamentale per la sua evoluzione, ma particolarmente quello del partecipante portavoce. Questi per la sua storia personale (verticalità) e in un momento particolare del gruppo (orizzontalità), è in condizione di parlare di sé, e attraverso sé degli altri. È il portavoce, di un dubbio, di un conflitto determinato, con le sue angosce e i suoi fantasmi inconsci. È in un certo senso il radar. Ciò che è importante è che la situazione orizzontale corrisponde al momento in cui il conflitto è comune a tutti e che egli scopre attraverso la verbalizzazione”.
“Il portavoce ci espone un problema che lo affligge, un ricordo, una riflessione; infine qualcosa che apparentemente non ha alcun rapporto con il gruppo. Può apparire come il più ansioso dei membri, il più fragile, il più afflitto, ma in fondo è il più sensibile. Con il suo grande potere di identificazione, ha percepito – senza saperlo – ciò che succede nel gruppo, perché si è fatto ‘depositario’ delle angosce e dei conflitti del gruppo; questi hanno anche qualcosa in comune con la sua persona. Ma la sua forza sta nel fatto che può farsi carico di queste angosce di cui si fa inconscio il denunciatore”.
Ciò che il portavoce riceve per identificazione sono le proiezioni del gruppo, che egli mette in luce: “Egli fa la recita del fantasma inconscio del gruppo per mezzo della comunicazione preverbale (mimica) e della parola parlata fino all’azione e al role-playing” (Pichon-Riviere E. , cit. da Litovski-Eiguer).
Coordinazione, interpretazione, emergenza
Per meglio comprendere il ruolo della coordinazione in riferimento all’emergente nella terapia di gruppo, è opportuno ricordare il concetto di ‘delega espressiva’. Con tale termine Pichon-Rivière fa riferimento al “deposito del fantasma, dell’azione, del pensiero su colui che l’avrà manifestato secondo l’una o l’atra modalità di disoccultamento (…) Il gruppo fa giocare il portaoce per non giocare il dramma; ciò che i membri possono fare è risvegliare le proprie emozioni in relazione a ciò che dice il portavoce”.
Partendo da tale premessa, allora, la funzione del coordinatore diviene quella di
ridistribuire il vissuto e il sentito in mezzo a tutti gli elementi in gioco: il portavoce e il gruppo; l’azione e i sentimenti; la tematica e la reazione particolare di ciascun sottogruppo di fronte ad essa.
(ibidem)
Come ulteriore compito della coordinazione, viene riconosciuto quello (indicati gli stereotipi e favorita un’alternanza dei ruoli) di articolare e stabilire i legami tra i differenti emergenti che vengono fuori da ciascuno dei partecipanti.
A proposito della natura dell’interpretazione (dell’intervento, esplicativo o interpretativo, da parte della conduzione) Pichon-Rivière sostiene che “ogni interpretazione del coordinatore deve essere fondamentalmente un’ipotesi. È una valutazione per prova ed errore. L’interpretazione come ipotesi nasce dal fantasma che il coordinatore trae dal fantasma soggiacente del membro emergente del gruppo (il portavoce) e dallo stesso fantasma come emergente del materiale soggiacente del gruppo di cui questo membro si è fatto carico”.
“Così concepita l’orizzontalità di gruppo equivarrebbe al transfert così come è concepito in psicoanalisi individuale. Questo concetto di orizzontalità imlica che il fantasma implicito del gruppo appartiene a tutti ea aciuscun dei membri.
L’interpretazione include tutti questi livelli: il portavoce, il gruppo, il coordinatore e come si legano tra loro”.
(ibidem)