Psicologia delle masse

Gruppoanalisi e leadership: le riflessioni di Foulkes

Gruppoanalisi e leadership. Psicologia delle masse
Scritto da Adriano Legacci

Gruppoanalisi e leadership. Linee generali

Le riflessioni sulla leadership nella gruppoanalisi di S.H. Foulkes prese in esame, riguardano prevalentemente il tema di quella che egli identifica come ‘leadership naturale‘ del gruppo. Secondo tale accezione per ‘capogruppo’, in senso stretto, è da intendersi unicamente il terapeuta, la cui leadership assume caratteristiche peculiari.

Il leader (…) si trova in una posizione favorevole, in quanto è contemporaneamente osservatore e partecipante” (Foulkes S.H., 1964:63).
“Il terapeuta, in quanto leader naturale di questo gruppo, non ne assume la direzione in modo attivo, dato che egli non ha il compito di formare un gruppo saldo ed efficiente” (Foulkes S.H., 1964:62).
“Il capogruppo partecipa, osserva, tiene d’occhio il gruppo come un tutto sul cui sfondo si stagliano i singoli componenti.”

Il capogruppo: servitore fedele del gruppo stesso

Continua poi, parlando di gruppoanalisi e leadership: “Mentre il gruppo può considerarlo come più gli piace, di solito come una figura di padre e guida onnipotente, egli non assume attivamente questa funzione ma se ne serve nel maggior interesse del gruppo di cui è il fedele servitore. Un gruppo immaturo ha bisogno dell’approvazione e dell’appoggio di una simile immagine-guida, mentre con il crescere della maturità e dell’integrazione tale bisogno si attenua.”

“L’analista di gruppo esercita un’azione importante incoraggiando l’indipendenza del gruppo (e dei suoi membri) in modo che essi possano alla fine accettare in modo maturo la sua posizione di leader (…). Il capogruppo deve stare attento a questo proposito a che il gruppo torni a mettere i piedi per terra grazie a un processo graduale parallelo allo sviluppo della sua indipendenza e non a seguito di una improvvisa e sconcertante disillusione, che porterebbe a uno stato di smarrimento e di shock” (Foulkes S.H., 1964:48).

Il capogruppo “è l’unico partecipante del gruppo che deve controllare questi processi e tener conto anche delle conseguenze su di lui e sulla sua posizione: per questo motivo egli non può calarsi completamente nel gruppo, ma deve conservare un certo distacco” (Foulkes S.H., 1964:49).

“Il capogruppo talvolta, ma non sempre, può permettere che il gruppo gli attribuisca una funzione di comando. A mio modo di vedere egli dovrebbe evitare di assumere una posizione ben determinata per non interferire nel modo in cui viene vissuto dal gruppo” (Foulkes S.H.,1964:57).

Gruppoanalisi e leadership. Lettura a due livelli dell’attività gruppale

Rispetto alla lettura dei fatti che avvengono nel gruppo, Foulkes propone l’adozione di una doppia prospettiva. Identifica più precisamente “due livelli che si trovano agli estremi opposti di una scala senza soluzioni di continuità: li chiameremo livello conscio e livello latente o primario.
Al primo livello troviamo i rapporti coscienti tra i pazienti stessi e il loro medico: è il livello della realtà attuale, adulta. A livello primario troviamo i processi e i meccanismi prevalentemente inconsci propri del comportamento primitivo infantile, primordiale. Approssimativamente questi due livelli corrispondono ai processi primario e secondario del sogno (Foulkes S.H., 1964:63).
“Ai due livelli corrispondono due problemi di base: il primo, a livello cosciente, riguarda i rapporti umani nella realtà della vita adulta, il secondo l’atteggiamento verso l’autorità dei genitori conferita fantasticamente al terapeuta sul piano della realtà arcaica e primitiva dell’infanzia.

Leadership e livello conscio

“A livello cosciente il Terapeuta non dirige il gruppo (…) tuttavia non può limitarsi semplicemente a non dirigere: deve avere anche una funzione attiva (…); la sua funzione è in realtà quella di indirizzare e guidare il gruppo, per cui parleremo di lui a questo livello cosciente come di una ‘guida’ piuttosto che di un leader.”

“Possiamo pertanto dire che, pur non dirigendo in modo attivo il gruppo, il terapeuta lo guida costantemente (…); il terapeuta si mantiene in secondo piano, lasciandosi guidare dal gruppo, di cui rimane uno strumento: egli si oppone alla tendenza del gruppo ad assumerlo come punto di riferimento, ne stimola fin dall’inizio l’autonomia e subordina completamente i propri interventi agli interessi generali del gruppo. Suo fine ultimo è far comprendere, con il tempo, al gruppo che egli è un membro a parità degli altri che porta un contributo particolare al servizio del gruppo” (Foulke S.H.,1964:64).

Leadership e livello primario, o latente

“Vediamo cosa succede al secondo livello: (…) l’interpretazione di quanto succede a questo livello si basa sulle ricerche psicoanalitiche e in particolare sull’opera di Freud ‘Psicologia delle masse e analisi dell’Io’ (1921).

Nelle fantasie inconsce del gruppo, il terapeuta assume il posto di un’autorità primordiale onnisciente e onnipotente da cui il gruppo si aspetta un aiuto magico (…) è anche fin troppo facile considerare il suo ruolo come equivalente a quello di un padre o di una madre, in un gruppo che rappresenta nel complesso la famiglia. lo non sono tuttavia di questa opinione (…) se è vero che la famiglia è un gruppo non è sempre vero l’opposto, e d’altra parte la psicologia di gruppo deve formulare i suoi concetti in modo autonomo e non prenderli a prestito dalla psicologia individuale. Il gruppo è più antico dell’individuo“.

“Comunque sia, il gruppo mostra a questo livello l’esigenza e anzi il desiderio di un capo, secondo l’immagine di una figura paterna onnipotente e simile a Dio (…). Il terapeuta assume per il gruppo il valore di un capo assoluto, e non può perdere questa posizione, anche se forse la può un poco deteriorare” (Foulkes S.H., 1964: 66-67).

Il bisogno di un’autorità

“A questo livello immaturo il gruppo ha bisogno dell’autorità del capo (…) (il terapeuta) accetta la posizione di leader nell’interesse stesso del gruppo, per disabituarlo infine al bisogno di una guida autoritaria (…); (il terapeuta peraltro) non deve cadere nella tentazione di accettare questo ruolo di autorità onnipotente o di sfruttarlo a fini personali (…) accetta il ruolo che il gruppo gli attribuisce ma non lo assume mai attivamente, né agisce in conformità ad esso: si limita a non rifiutarlo con le parole o coi fatti (…) come lo psicoanalista nel rapporto di transfert.
Questo per due ragioni: anzitutto il gruppo deve per un certo periodo sentirsi difeso e rassicurato da una figura autoritaria; d’altra parte il terapeuta deve accettare transitoriamente un ruolo di questo tipo se vuole che il gruppo consegua in un secondo tempo la sua autonomia definitiva.

Il terapeuta è comunque preparato e pienamente disposto a scendere dal suo piedistallo autoritario: anche in questo caso egli si comporta sostanzialmente in modo passivo, lasciando che il gruppo lo riporti gradualmente a livello di un comune mortale.

In virtù di questo processo egli non è più un leader del gruppo ma un leader nel gruppo: la sua perdita di autorità va a rafforzare l’autonomia del gruppo” (Foulkes S.H., 1964:68-69)

Alternative (non auspicabili) alla leadership naturale

Foulkes spiega, nella teoria della leadership nella gruppoanalisi, come sia fondamentale l’autorità attribuita al capogruppo: “A questo livello il leader viene vissuto dal gruppo come figura autoritaria: in caso contrario egli rischierebbe di perdere tutto il prestigio in conseguenza del suo atteggiamento.

“Il gruppo cioè potrebbe cadere in preda al disorientamento e all’ansia, a uno stato disperato di frustrazione, interpretando il ritegno del capogruppo come espressione di debolezza e di incompetenza. Di conseguenza potrebbe cercare un altro leader non necessariamente nella persona di un terapeuta, ma nella peggiore delle ipotesi in quella di un membro che si faccia sufficientemente notare. Questi, specie se si tratta di un nevrotico, finirebbe inevitabilmente per abusare della sua posizione e non la utilizzerebbe certo a vantaggio del gruppo” (Foulkes S.H., 1964:69-70).

Gruppoanalisi e leadership: il capogruppo è fondamentale

Anzitutto il gruppo, privo dell’appoggio del capogruppo, non avrebbe il coraggio di affrontare l’indagine analitica (…); lo scontro fra le diverse personalità in un’atmosfera di alta tensione emotiva richiede la presenza protettrice di una figura paterna, nella cui imparzialità e giustizia possa credere” (Foulkes S.H., 1964:70).

Credere, sembra di poter capire, per lavorare. Lavorare in una tale cornice sembra costituirsi come prerequisito essenziale per lo sviluppo dell’indipendenza e dell’autonomia, che recano con sè il progressivo distacco dall’immagine primaria del leader.

La maggior maturità del gruppo si accompagna al decrescere dell’autorità del leader: l’autonomia del gruppo a livello cosciente favorisce e assicura il decadere dell’importanza del leader a livello primario” (Foulkes S.H., 1964:70).

Sull'Autore

Adriano Legacci

Già direttore dell'equipe di psicologia clinica presso il poliambulatorio Carl Rogers e l'Associazione Puntosalute, San Donà di Piave, Venezia.
Attualmente Direttore Pagine Blu degli Psicoterapeuti.
Opera privatamente a Padova e a San Donà di Piave.
Psicoterapia individuale e di coppia.
Ansia, depressione, attacchi di panico, fobie, disordini alimentari, disturbi della sfera sessuale.
Training e supervisione per specializzandi in psicoterapia

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